Maurizio Ongaro: Se non si comincia si è ancora a metà dell'opera.

 

 

SE NON SI INCOMINCIA SI E' ANCORA A METÀ DELL'OPERA.

 

Ovvero: la strana storia della superstrada Lecco-Colico

 

In milanese si usa dire: "Se la va, l'ha gà i gamb" che letteralmente significa: se va, ha le gambe. E' un genere di frase che si usa a mo' di varo di qualsivoglia impresa che non abbia avuto all'origine quella che si può dire un'accurata preparazione e che presenta quindi un maggior numero di possibilità a sfavore.

Né più né meno come la costruzione di un aeroplanino di carta. Preso un foglio, piegato accuratamente, alitatone la punta (non so perché ma ho sempre visto fare così e mi sono sempre adeguato) viene lanciato dalla finestra.

A volte vola benissimo, con tanto di planate, cabrate e volteggi.

Altre volte precipita a vite.

Sembrerebbe proprio che il progetto della superstrada Lecco-Colico abbia avuto una gestazione ed un varo analogo.

Un poco di storia.

Nei primi anni del secolo, anche per necessità militari di collegamento con zone di frontiera, si decise di collegare, mediante ferrovia, Colico con Lecco. In pratica, Milano  con Chiavenna e Sondrio .

Il tratto ferroviario doveva transitare per Lecco, lungo la riva destra del lago di Como, tanto caro al Manzoni, a Renzo e Lucia, a Plinio il giovane e svariate altre migliaia, se non milioni, di individui di varie epoche.

Ci piace immaginare gli ingegneri ferroviari dell'epoca che, dopo aver scrutato attentamente la montagna franabile, e la riva, in certi punti strettissima, abbiano borbottato: "De chi se passa no". (Di qui non si passa). Una specie di "No pasaran" meneghino. Al che provvidero alacremente a far transitare il tratto ferroviario quasi interamente in galleria, all'uopo edificate. Impiegarono circa 16 anni. E si noti bene che tale linea ferroviaria è ad un solo binario, ben più stretta quindi di una superstrada a quattro corsie, due per senso di marcia. Quindi, se non era possibile far passare sulla riva del lago una ferrovia ad un solo binario, figurarsi una superstrada.

La necessità di una superstrada in quel tratto era impellente. La rinomanza delle località turistiche chiavennate e valtellinesi richiamava sempre un maggior numero di turisti in quei luoghi. Ed intasava mostruosamente quella benedetta strada che correva tra Lecco e Colico.

Chi vi scrive ha i parenti a Sondrio  e conosce a menadito della strada per averla fatta migliaia di volte. In pratica un viaggio verso quei luoghi non durava mai meno di tre o quattro ore, per circa 150 Km., con meccanismi analoghi ad un gioco dell'oca automobilistico ove le penalità, dettate dalla sorte, non si commensuravano a "giri" perduti, bensì ad ore. Di coda naturalmente.

Incidente tra camion: Stai fermo un'ora. Festa patronale di un paese attraversato dalla strada: Stai fermo due ore a vedere i fuochi artificiali. Strettoia a Varenna: Aspetta mezz'ora. Frana: Ritarda un giorno.

E così via.

Poi, in pieno boom economico, nel lontano 1964, esplose la notizia: fanno la superstrada! Scene di gioia e di giubilo. Ognuno si faceva la sua brava coda regolamentare pressoché convinto che quella storia sarebbe finita di lì a poco.

E invece....

Esattamente come i precedenti ingegneri ferroviari, i progettisti si trovarono di fronte a due alternative: o fare la strada in galleria, un po' in alto rispetto al lago, come le allora Regie Ferrovie Italiche, oppure ampliare la strada costiera esistente.

Intendiamoci subito. Per ampliare una strada in pianura il problema è di quasi facile realizzazione. L'unica accortezza è prevedere, nei punti in cui le strade attraversano i paesi, un'opportuna tangenziale, onde non buttare giù case esistenti, come in una gustosissima scena del primo film "Amici miei", che prevedeva l'abbattimento della chiesa di un paesino a scopo di transito.

In riva ad un lago i problemi aumentano. Spesso lo spazio tra il lago e la montagna è decisamente insufficiente. Già con la vecchia strada hanno dovuto ricorre alle gallerie. Dodici se non ricordo male. Transitando nei paesi lo spazio per l'ampliamento era semplicemente inesistente. Da qui il famoso commento in meneghino dei famosi ingegneri ferroviari. Eppure....

E' inutile, l'avete già capito. Il progetto fu di una superstrada che passava tutta in costa, più o meno sul tracciato della strada esistente, rimediando alla mancanza di spazio mediante apposite gallerie.

I lavori cominciarono a tempo di record. In soli quattro anni iniziarono a costruire quattro corsie che partivano appena usciti da Lecco, diciamo per un paio di chilometri. Poi... il nulla.

Diciamo così: la strada perse le gambe... per la strada.

All'inizio fu colpa di una frana che ostruì le corsie sul lato della montagna.

Poi dovettero coprire con una galleria il lato suddetto onde evitare pericolosi bis. Poi fecero un timido accenno per poter bypassare la montagna; poi studiarono e cercarono di realizzare un ingegnoso metodo per poter palafittare la strada letteralmente sul lago. Sfortunatamente in quel punto il lago raggiunge la sua maggiore profondità: 149 metri.

Infine, come se avessero perso l'iniziale inerzia, i lavori si arrestarono.

Definitivamente.

Il silenzio e l'oblio coprirono quello che in pratica fu una clamorosa Waterloo  stradale. E le fatidiche parole meneghine ne furono l'epitaffio: "De chi se passa no".

E così, persa infine la speranza, rimaneva ai poveri viaggiatori la feroce consolazione del gioco dell'oca automobilistico, alleviato solo da una galleria che evitava la famigerata strettoia di Varenna.

E qui vorrei chiarire subito. Quando parlo di strettoia non mi riferisco ad un semplice rallentamento qualsiasi. Parlo di una strada statale che si snoda tortuosamente in mezzo alle case fino ad un punto che consente, a mala pena, il passaggio di due auto affiancate, previo in precedenza averle opportunamente spalmate di vaselina: in caso di transito di camion non v'era nulla da fare. Ergo il semaforo, ergo code ed incolonnamenti.

E qui vorrei chiarire un altro concetto. Fino a che si trattava del viaggio d'andata, poco male. Ci si scaglionava; chi partiva il venerdì pomeriggio, chi la sera, prima o dopo cena, chi il sabato mattina o in giornata, insomma il traffico era quello che si dice lento ma scorrevole. Fatto salvo il famigerato gioco dell'oca automobilistico già citato.

Dove l'asino cascava, e casca tuttora, era nel viaggio di ritorno. A questo punto sull'intero lago si affacciava una lunga ed ininterrotta coda, da Colico, escluso, a Lecco, compreso.

E quindi sono riuscito a totalizzare tempi da Guinnes dei primati, come ad esempio sette ore da Sondrio  a casa mia (143 Km.). Il tempo medio che mi occorre per raggiungere Roma .

Ed è altrettanto inutile parlare delle famose partenze intelligenti, quelle, per intenderci, che ci fanno sentire tanto cretini. Le abbiamo provate tutte.

Dalle partenze alle 13:00 della domenica, con ancora il tovagliolone sporco di sugo annodato al collo, via-via sino alle partenze antelucane alle cinque del mattino di lunedì, per poi arrivare in ufficio buoni solo per l'immondezzaio. Tanto meno cambiare itinerario. Gia fatti tutti i percorsi. Sicuramente occorre più tempo. D'altronde la Valtellina ha solo tre altri sbocchi: Il Tonale verso Merano, l'Aprica verso Bergamo e la Svizzera. Certo, una volta nella vita si può, al motto fantozziano di "Facciamo una bella passeggiata" fare un'infernale giro in quota, ma ciò non è fattibile ogni volta.

Lo stesso dicasi per l'altro versante del lago. Una volta, ero in moto, ho contato una coda di 30 KM (!). Da Cadenabbia a Como. Ergo, l'unica via è quella. E non ci sono santi.

Fino a ché, in occasione dei mondiali di sci che dovevano (mi pare) essere disputati a Bormio, avvenne l'inimmaginabile.

Sotto-sotto non si erano arresi ed avevano ripiegato sulla realizzazione della strada mediante gallerie a mezza costa. Saranno ormai defunti, ma mi piace pensare i famosi ingegneri ferroviari che abbiano detto, dandosi gomitate nelle costole: "Lo avevamo detto noi".

Infine l'inaugurazione, più o meno nel 1985.

La prima volta che la percorsi provai quasi un orgasmo. Partenza alle ore 20.00 di sabato sera e alle 21.45 ero già seduto a tavola, a Sondrio , gustando la pasta e fagioli della mia nonnina; la pasta e fagioli più buona di tutta la vallata[1].

Poi come tutte le belle cose, finì anche quel week-end. E la domenica sera mi accinsi a ritornare.

Effettivamente, all'andata, non avevo fatto caso ad un simpatico particolare.

A Lecco non era cambiato nulla, automobilisticamente parlando. La strada continua a transitare tranquillamente per il centro cittadino, ed è solo a due corsie. Una in andata ed una per il ritorno. E, sia quella volta che le successive, Lecco, senza un'apposita tangenziale che ne eviti il centro cittadino, ha il vago sapore di un pantano in cui venga scaricata l'acqua non più con una canna tipica da giardino, ma con un paio di condotte forzate da centrale idroelettrica. Un'alluvione: d'auto s'intende.

E mentre sto prendendo appunti per queste note, tanto non ho nient'altro di meglio da fare, sono debitamente incolonnato qui a Lecco e sta già per scoccare la prima ora di coda.

E fino a che non finiranno i lavori per la suddetta tangenziale, sarà sempre così.

Comunque resisto.

Fonti bene informate mi hanno comunicato che hanno già distribuito gli appalti per la tangenziale di Lecco. Dopo venticinque anni d'attesa, qualche anno in più od in meno non fa più differenza.

 

Settembre 1989

 

 

P.S.

La famigerata tangenziale (sotterranea) di Lecco è stata realizzata, parmi nel 1997. Ovvero un’abbondante trentina d’anni dopo l’inizio lavori.




[1]Storico

 

Maurizio Ongaro: Se non si comincia si è ancora a metà dell'opera.

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