CIOCCOLATO & UNIONE EUROPEA

 

A seguito delle notizie che, l' estate scorsa, ci avevano fatto ben sperare a riguardo della nota questione sul "cioccolato puro", e approfittando del nostro corrispondente a Bruxelles, nel cuore dell' Europa che conta, avevo posto, nella rubrica "Botta & Risposta", una domanda relativa alla questione, con lo scopo di saperne di piu' su una faccenda che mi sta a cuore (o meglio "a stomaco"). Ora da Bruxelles ci informano, con una cavillosa e poco convincente risposta che si autodefinisce "tecnico-giuridica", che ahinoi, anche se il Senato, una volta tanto, combina qualcosa di buono (tra l' altro all' unanimita'), beh, "ghe n' e' minga !!!", bisogna attenersi alle direttive europee, e sorbirsi quello che ci propinano ingannevolmente come cioccolato, con buona pace dei nostri palati. L' amico Stefano, come dice nella sua trattazione, "non entra nel merito della questione", ma dobbiamo notare che le varie multinazionali del settore dolciario, vere ispiratrici della direttiva, nel merito ci sono entrate, eccome !!! Magari ai grigi euroburocrati di Bruxelles e' sfuggito, ma non va sottovalutato infatti l' aspetto economico, perche' se da una parte molte imprese risparmiano sui costi di produzione (e quindi ci guadagnano), alcuni paesi, che basano sulla coltivazione del cacao la loro traballante economia, ci rimettono (vedi notizia riportata nel riquadro a fondo pagina).

Detto cio', ed entrando necessariamente nel merito della questione, qui si parla della possibilita' di specificare una sorta di "marchio DOC" per il cioccolato puro, non del divieto di usare materie sostitutive del burro di cacao, ma solo del diritto dei consumatori a saperlo !!! Si parla quindi di un qualcosa che i produttori di cioccolato vero possono aggiungere alla confezione, sempre che ne abbiano i requisiti. Vista in questo modo, la decisione del Senato Italiano (che continuo a ritenere "saggia") non sembra negare (anche se nello spirito la contrasta) la direttiva europea (che continuo a considerare "sciagurata") , e quindi forse e' lecito sperare ..... 

La faccenda magari sembrera' di scarsa importanza, ma potrebbe toccare (se non succede gia') anche altre parti del settore alimentare: e' noto infatti che la standardizzazione dei prodotti alimentari mal si concilia con il gusto e con la difesa dei prodotti artigianali, e se passano certe linee di pensiero potremmo presto trovarci a dover omologare il nostro palato al gusto dei McDonald's  e trovarci sulla tavola del Formaggio di Fossa o del Lardo di Colonnata prodotti direttamente da qualche multinazionale con l' utilizzo di qualche strano intruglio, conforme alle direttive comunitarie, ancorche' non specificato sulla confezione (... potenza della globalizzazione ...). Ma questo e' un discorso che ci porterebbe un po' troppo lontano, per cui preferisco rimanere nel campo di stretta competenza, e concludere accogliendo a braccia aperte l' appello di Stefano sulla costituenda "Repubblica del Cioccolato" : in tempi di repubbliche delle banane sarebbe un passo avanti non da poco.

 

Un saluto dal "ciculatee"   de Niguarda.

        

Tratto dal sito "Clarence",  luglio 2002, che ringraziamo:

... al Senato è passato all'unanimità un emendamento che sancisce l'introduzione della denominazione cioccolato puro, evidenziando la differenza tra quello prodotto con burro di cacao e quello con grassi diversi. Se siete dei veri patiti della bontà che già deliziava i palati dei nobili maya e atzechi saprete che questa, insperata, dolce notizia è il frutto di una campagna cominciata nella primavera del 2000. Cioè, dal giorno in cui il parlamento europeo aveva dato un duro colpo alla tracciabilità del cioccolato, permettendo l'impiego fino al 5% di grassi diversi dal burro di cacao e non obbligando il produttore a specificare questa importante informazione a chiare lettere sul frontespizio della confezione (relegandola così sul retro, nella lista degli ingredienti). Una sorta di via libera a chiamare cioccolato doc qualcosa che non lo era affatto, ma che l'emendamento votato dal Senato italiano ha ora stoppato. Per la soddisfazione di tutti i golosi e di tutti gli addetti ai lavori, come commenta Giacomo Mojoli, portavoce di Slow Food: "Questa decisione costituisce un passo avanti nella garanzia di tracciabilità del cioccolato. Ora il consumatore vede garantito il suo diritto all'informazione e alla scelta. Sono istanze che il nostro movimento ribadisce da sempre e che sono imprescindibili da una moderna sensibilità verso le produzioni di qualità".
Ma il voto di Palazzo Madama non è solo una dolce notizia per i consumatori. La produzione del prezioso burro di cacao rappresenta infatti una voce insostituibile per molti paesi produttori. Basti pensare che 11 milioni di persone in Africa occidentale dipendono dal cacao per il loro reddito; che per la Costa d'Avorio e il Ghana il cacao è la principale voce dell'export (è stato calcolato che il via libera all'utilizzo di materie grasse di sostituzione comporta una diminuzione di consumo di semi di cacao che si aggira tra le 80 e le 120mila tonnellate); che nel solo Ghana è stata prevista una perdita di introiti pari a 300 milioni di dollari.

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