IL PASSATO PROSSIMO DI NIGUARDA (l'ottocento contadino)

Quella che si presenta all'inizio del 1800 è una Niguarda prevalentemente contadina, con ancora alti tassi di mortalità infantile e una bassa durata media di vita. Niguarda restava ancora un posto di villeggiatura, le famiglie nobili venivano nelle loro ville a Niguarda per respirare l'aria pura di campagna. 

Già .. campagna, vita contadina ma non immaginereste mai quale fosse uno dei principali prodotti agricoli di Niguarda nei secoli scorsi: il VINO !!!!

Ebbene si, proprio il vino, anche se la qualità non doveva essere delle migliori, nella prima metà dell'ottocento il territorio a nord di Milano era ricco di vigne ed era una delle grandi zone vinicole italiane. Oggi invece se guardiamo a nord di Milano dobbiamo giungere fino a Montevecchia per trovare le prime consistenti coltivazioni di vite, con esiti non proprio eccellenti. Risultati sicuramente migliori si ottengono invece a sud di Milano a S.Colombano al Lambro che rimane attualmente l'unica zona vinicola del milanese.

Probabilmente a metà '800 con l'arrivo in Italia della crittogama, parassita della vite, si ha l'abbandono della sua coltivazione (la produzione diminuisce dei 2/3) per passare alla già avviata coltivazione del gelso (MURUN) che serviva all'allevamento dei bacchi da seta, attività su cui gravitava il lavoro primaverile di parecchie famiglie contadine del milanese. Prima attività manifatturiera di Niguarda dell'800 erano le filande (la produzione lombarda dei bozzoli da seta nel 1850 era il 30% del totale italiano).

Per Bress

El purtun

La proprietà della terra era andata intanto frammentandosi, passando dai grandi fondi appartenenti alle ricche famiglie nobiliari ad appezzamenti più piccoli a conduzione familiare. Le abitazioni contadine erano grandi cascine plurifamigliari di cui rimangono a Niguarda numerosi esempi, di queste le più vecchie (rimaste) sono sicuramente le corti con ampio cortile interno ad un solo piano, come si possono ancora vedere in via Ornato 18 oppure in via Graziano Imperatore 48. Queste cascine erano per lo più a forma di "C" come molte altre a nord di Milano oppure quadrate come la "Curt di Matt" in via Graziano Imp. 48. 

Per capire la quantità di persone che lavoravano in campagna si possono estrapolare dai dati dei bambini battezzati a Niguarda la professione dei genitori. Si vede così che all'inizio dell'800 quasi l'85% dei nati aveva i genitori contadini, cifra che passa a poco meno del 70% nei primi anni dopo l'unificazione d'Italia. 

Ora con il passar del tempo le famiglie dedite all'agricoltura sono scomparse, nel 1980 riporta il Pizzamiglio, rimanevano a Niguarda solo tre famiglie attive in quest'ambito: la famiglia Baronchelli nella "Curt di Matt in via Graziano Imp. 48"; la famiglia Assanelli nella "Curt di Catani in via Paoluccio de Calboli 23"; la famiglia Radaelli in "Curt di Ghirigoeu" in via Passerini 18".

 

Intanto la vita nelle corti di Niguarda procedeva tra il duro lavoro nei campi e la scarsità del cibo. Oltre la polente, regina delle tavole contadine dell'epoca, i niguardesi potevano mangiare quasi esclusivamente quello che  producevano i loro orti.

Particolarmente gravi furono nell'ottocento tre epidemie di colera che colpirono Niguarda: nell'estate del 1836 (21 morti) nel 1855 (9 morti) e nel 1867 (14 morti). Questo fa capire quanto le condizioni igieniche d'epoca lasciassero a desiderare, case con pavimenti in terra battuta, senza vetri alle finestre e la promiscuità tra uomini e animali per sfruttare il calore prodotto dai quest'ultimi. La stalla si trasformava cosi in un luogo di ritrovo e di trasmissione dei ricordi storici e/o fantastici all'interno della comunità.

Nell'800 oltre al colera colpirono i niguardesi anche Vaiolo, Pellagra e Tubercolosi. 

Nonostante le malattie Niguarda si andava popolando (ad inizio secolo, compresi la Bicocca e il Bicocchino contava 2.000 abitanti), questo si evince dal saldo tra nascite e decessi, dati che erano appuntati scrupolosamente dai vari parroci succedutisi.

 

Ad inizio '800 abbiamo una media di poco più di 60 nati per anno mentre alla fine del secolo si arriva al doppio.

Continua però a rimanere alta la mortalità infantile probabilmente più che a Milano. Intorno agli anni '20 del XIX sec. un 25-30% dei bambini non riusciva a superare l'anno di vita, cifre che non cambiano neppure nell'ultimo decennio del secolo. Se poi guardiamo ai bimbi morti prima dei cinque anni le percentuali salgono al 35-40% con punte in alcuni anni superiori anche al 70%.

Si ha notizia nel 1834, 1844, 1865 di esposizioni di bambini indesiderati anche a Niguarda, abbandoni che sicuramente furono meno frequenti che non in città (a Milano nel 1820 erano ospitati nel brefotrofio di Santa Caterina alla Ruota quasi 2.000 bambini e nel  1836 erano saliti ad oltre 3.400).

Un leggero miglioramento si ebbe nella salute degli adulti se vediamo che al raddoppiarsi della popolazione (e dei nati), i morti a Niguarda passano da una media di 50 all'anno ad inizio '800 ad 90 alla fine del secolo.

Per vedere la differenza con oggi possiamo prendere gli ultimi dati della (sola) parrocchia di San Martino. Questo con qualche cautela, visto che funerali, battesimi e soprattutto i matrimoni religiosi sono ora solo una parte di quelli totali. Nel 2000 abbiamo avuto: 64 battesimi, 29 matrimoni e 111 funerali; mentre nel 2001: 59 battesimi, 25 matrimoni e 130 funerali.

I registri parrocchiali ci riportano anche uno scorcio sull'alfabetizzazione della popolazione, infatti per alcuni anni (pochi a dire il vero) viene annotato se il padrino o la madrina di un battezzando sapesse o meno firmare. Si vede così che intorno alla metà dell'ottocento meno di un quarto dei padrini/madrine niguardese sapesse firmare, da qui a dire che sapessero scrivere il passo è  un po' più lungo (Nel 1861 in Lombardia l'analfabetismo toccava il 54% della popolazione con però una rapida riduzione nel corso del secolo).

Niguarda e dintorni

Niguarda e dintorni a metà del 1800.

Non sappiamo come venissero accolti a Niguarda i sommovimenti politici d'inizio '800. La Repubblica Cisalpina che pure aveva Milano come Capitale avrà entusiasmato poco le famiglie niguardesi costrette come sempre a lavorare duramente nei campi mentre il ritorno degli austriaci nel 1814 (presenti nel milanese fin da inizio '700) avrà sollevato certo più di un mugugno. Nei moti del 1848 si sarà sentita partecipe più la borghesia milanese che non i contadini niguardesi. Per avere notizie di cittadini niguardesi coinvolti in vicende politiche, bisogna aspettare i tumulti del 1898 in un periodo in cui la composizione sociale di Niguarda era cambiata con il sorgere di grossi complessi industriali poco distante dal paese (Breda, Falck, Pirelli) e con la nascita della fabbrica dei Santagostino nel cuore di Niguarda.

La Gesa

Un evento che non ha sicuramente lasciato indifferente i niguardese ed anzi deve essere stato visto come un avvenimento epocale fù l'ampliamento della vecchia chiesa ormai diventata troppo piccola dopo un lento ma costante aumento di popolazione. La chiesa venne ingrandita (allungata e aggiunta la navata di destra) una prima volta nel 1837 dall'architetto Giacomo Moraglia grazie alla mobilitazione posta in atto dal parroco Don Antonio Fracassi. I niguardesi anche se a corto di soldi si diedero da fare offrendo gratuitamente la loro opera per la costruzione della chiesa. (in media 10 giorni di lavoro per volontario). Un'ulteriore allargamento si ebbe nel 1887 per iniziativa del parroco Don Cesare Folci. Si pose così rimedio all'assimmetricità della costruzione precedente (mancava la navata di sinistra) e permettendo alla popolazione di Niguarda, che intanto era raddoppiata da inizio secolo, di poter partecipare al gran completo alle funzioni religiose. Nel 1926 con Don Giovanni Macchi si ebbe la costruzione del campanile. 

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