Il falò di S.Antonio

Bella tradizione quella che si è ripetuta la sera del 17 Gennaio alla Ca’ di Maghi, di proprietà della famiglia Baronchelli*. Riminescenze della Niguarda contadina (tradizione del resto presente in tutta Italia) quando nella sera di S.Antonio (17 Gennaio) era tradizione preparare una bella catasta di legna e dargli fuoco in onore del santo. 

Quest'anno la famiglia Baronchelli e la parrocchia hanno organizzato le cose in grande; la settimana precedente un bel cartellone invitava i niguardesi ad andare la sera del 17 gennaio in via dei Conti Biglia, alla Ca’ dei Maghi, per il Falò di S.Antonio, portando qualcosa da mangiare da dividere tra tutti i partecipanti.

La Ca' dei Maghi in via Biglia è stata ultimamente ristrutturata dalla famiglia Baronchelli, ultima famiglia "contadina" di Niguarda, anche se ormai questa non è più l'attività principale. 

La Ca' di Maghi deve il suo nome al fatto che un tempo, per evitare che i bambini si avventurassero nei campi intorno alla cascina (che stava fuori Niguarda, e quindi era considerata "pericolosa"), veniva detto che la cascina stessa era abitata da "Maghi", per suggestionare i piu' piccoli e tenerli vicino a casa (...... "va' no la' in fund, che gh'e' il sit di Maghi" ....).

La pigna di legna per il falò era stata preparata con cura in fondo al vialetto della Ca' di Maghi, giusto dietro le palazzine di via Val d'Ossola. Il luogo non era certo “bucolico” ma accendere fuochi nei vicini campi del “Parco Nord” non è cosa permessa ne' auspicabile.  

Alle 19.30, dopo un breve discorso di don Ottavio, viene acceso il falò, che subito illumina e riscalda le 150 persone presenti, con grande gioia dei bambini, che non perdono l'occasione per giocare sui mucchi di sabbia antistanti.

Sono già tredici anni che la famiglia Baronchelli ospita (su idea di Don Ottavio) il falò, e quindi apre le porte anche ai niguardesi che accorrono per la festa tradizionale di S.Antonio. 

L’alto numero dei partecipanti non ha colto di sorpresa gli organizzatori che avevano preparato dei bei tavoloni, dove venivano disposte le vivande portate dai partecipanti; a vari salami si sono unite torte dolci e salate, vino, panettoni e pandori, patatine e bibite. 

Per i più freddolosi è stato anche d’aiuto un bicchiere di "vin brulè", veramente ottimo !   

Dopo l'accensione del falò canti di gruppo e baldoria hanno riportato un po’ l’evento alla tradizione di convivialità contadina; elemento clou della serata due griglie, che alimentate dalla cenere del falò cuociono a puntino numerose salamelle. Durante la distribuzione delle salamelle, ad allietare i partecipanti al ritrovo, si è aggiunto uno spettacolo di fuochi d'artificio.

Complimenti agli organizzatori di questa bella serata, con un po’ d’iniziativa e molta buona volontà continuano a mantenere in vita la tradizione contadina in una Niguarda ormai inglobata nella metropoli.

S.Antonio Abate 

Detto “Sant'Antoni del purscell” (per distinguerlo da S.Antonio da Padova) era protettore dalle epidemie umane ed animali e dagli incendi. Vissuto nel III sec. d.c. era originario dell’Egitto, e fu un elemento di spicco del monachesimo orientale. I fuochi che si accendevano in inverno in suo onore avevano probabilemente origini ancestrali, pre-cristiane; in pieno inverno i falò che   sembravano scacciare il freddo richiamando la vicina primavera erano senz’altro riti propiziatori per la fertilità dei campi.

Nel medioevo S.Antonio Abate era un santo molto “in voga”, patrono dei porcai, dei macellai, dei salumieri, dei pittori, dei cavalieri, dei fornai, dei becchini, e dei malati del “fuoco di S.Antonio”.

Numerose anche le invocazioni al santo, tipo "Santantòni dalla barba bianca, famm truvà quel che me manca".

* La famiglia Baronchelli

Già ricordata nel libro del Pizzamiglio “Affettuosamente da Niguarda” come una delle ultime tre famiglie contadine di Niguarda, è rimasta ora l’unica anche se ormai quella contadina non è più l’attività principale.

Nel terreno salvato dalla cementificazione grazie al Parco Nord sopravvivono ancora alcuni campi coltivati, e anche se l' agricoltura e' ormai un' attivita' economica marginale, in questa commistione tra spazio agricolo superstite e verde pubblico risiede un po’ la memoria dei vecchi borghi ora periferia di Milano.

 

 

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