Maurizio Ongaro: L'Angelo in Tailleur Grigio

 

L’Angelo in Tailleur Grigio.

 

Finalmente ricevetti la convocazione per il concorso a capobanda.

Chi l’avrebbe mai detto: un concorso sulla Gazzetta Ufficiale in un trafiletto nascosto, letto tanto tempo fa. Una bella raccomandata farcita di tutti quei documenti che bisogna sempre mandare, dopo essersi fatti una montagna di copie in uso bollo e fotocopie varie, la spedizione e poi ci si dimentica.

A ricordarmelo, di botto, arriva un bel telegramma tempo dopo che ci ricorda di presenterai all’ora tale presso la caserma (perché una caserma?) dei Carabinieri.

Decido di arrivare a Roma  in cuccetta, perché non posso chiedere a mammà anche i soldi per l’albergo o la pensione : poi Roma è cara, mi dicono, e se per ogni concorso mi faccio una vacanziella, piuttosto se vincerò il concorso festeggerò con un bel viaggio, proprio a Roma.

Arrivo in stazione Termini, dopo una rapida abluzione fatta nei bagni del treno, e lascio la borsetta con il necessaire da viaggio al deposito bagagli: speriamo che non me lo freghino. Però vorrei evitare di portarmelo dietro che poi magari si apre nel momento meno opportuno e così, sapone spazzolino e quant’altro si sciorina tutto là, davanti alla commissione. Che figura! Oppure, in palla come sono lo perdo o me lo fregano.

All’uscita della stazione Termini mi sembra quasi di essere sbarcato ad Algeri . È tutta una bancarella, una serie di tappeti su cui è sciorinata tutta la mercanzia possibile, dalle copie di videocassette, non necessariamente porno, a presunte borse e borsette di marca. Non credo nemmeno che in quel chilometro quadrato ci sia qualcuno che parli l’italiano: a meno che per italiano intendiamo “belo, belo, diecimilo”.

Però non ho il tempo per osservare quei naufraghi, che con le loro poche cose sparpagliate su di uno straccio, stanno guadagnandosi la loro giornata: ho troppa paura che qualcuno mi freghi il portafoglio: non per il contenuto, ma senza documenti addio concorso.

Al che opto per un taxi, visto che non sono proprio in ritardo, ma non sapendo nemmeno dove è il quartiere Prati, a suon di mezzi pubblici non solo mi perderei, ma chissà quando arriverei.

Ovviamente il tassinaro deve aver fatto un giro dell’oca, visto che mi son tradito con il mio accento veneto, perché mi ha piccionato trentatré mila lire per il tragitto.

A Treviso , con quella cifra, mi scorrazzano sino a Venezia .

Arrivato, finalmente.

È davvero una caserma. E dei carabinieri tra l’altro.

Mi sento come Pinocchio.

Ed invece il carabiniere nella garitta, a cui mi rivolgo ingenuamente, non fa altro che salutarmi con una battuta di tacchi (che sembra un gong) ma non risponde alla mia domanda. Non ci avevo pensato che non può parlare in servizio. Però, probabilmente richiamati dal colpo di gong (ma che cosa hanno i carabinieri sui tacchi: ottone?) è uscito un piantone (si chiama così?) che dopo aver dato un’occhiata al mio telegramma mi ha indicato, cortesemente, dove dovevo andare.

E così son arrivato.

In anticipo, fortunatamente.

Ad accoglierci c’era Lei. Era vestita da un Tailleur Grigio, una via di mezzo tra una divisa ed una corazza, però era pur sempre una donna. E carina, per giunta!

I suoi occhi, anche sotto la celata della corazza-tailleur, sembrano luccicare; nel senso che sono vivi, attenti, curiosi, quasi beffardi.

Mi presento a lei e lei, puntualmente, prende nota dei miei dati. Ungaro, ripete come quasi tutti quelli a cui mi presento di solito: no Óngaro, dico presentando la mia carta d’identità a controprova.

Si scusa sorridendo e registra il tutto.

Ed inizia l’attesa.

La lunga attesa.

Siamo in 22.

Praticamente un esercito.

La prova consiste nel dirigere la banda dei carabinieri e come pezzo hanno scelto l’ouverture dalla Gazza Ladra. Per fortuna la conosco bene. Poi Rossini è sempre Rossini. Poi si presta bene con i vari crescendi, per valutare bene un direttore, per vedere se riesce a seguire il tempo.

Inizia il primo.

Madonna !

Ma è davvero bravo!

Io, al confronto, sono proprio una sega.

Quasi-quasi rinuncio.

Con uno così io ci faccio la figura del pollo.

Intanto la tensione sale, sale.

Come nel crescendo rossiniano.

Il primo finisce, applausetti, da parte dei parenti ed amici venuti a sostenerlo.

Ed io non ho nessuno, fortunatamente. Perché non reggerei di fare una figuraccia davanti a tutti. Meglio che non mi conosca nessuno.

E così riprende l’angoscia.

Assisto a tutte le prove, sia perché non saprei dove andare, sia perché non vorrei mai che chiamino il mio nome PROPRIO quando non ci sono, vuoi perché son andato in bagno, vuoi a mangiare un panino.

E passano sul podio tutti, ma proprio tutti.

E sono DAVVERO BRAVI!

Mamma  mia che sega che sono al confronto!

C’è da dire che a suon di sentirla mi sto preparando sempre di più, credo.

Oppure a suon di adrenalina, ormai presente in circolo MOOLTO più che gli sparuti globuli rossi, sono così ottenebrato che potrei camminare sul soffitto senza accorgemene.

Ma quand’è che tocca a me?

Vengono chiamati, uno dopo l’altro, tutti quanti.

E così siamo al ventunesimo.

Non ce n’è per nessuno, quindi il prossimo sono io.

Ma ecco, si alza l’Angelo in Tailleur Grigio e sta per invitare la gente ad andarsene.

ED IO????

Madonna , si sono dimenticati di me.

Come se fossi trasparente.

Come se fossi un fantasma. Una situazione kafkiana.

Non so come mi sono alzato e mi son diretto verso l’Angelo in Tailleur Grigio.

Sto per parlare, quando lei mi precede e mi chiede: “Mi scusi ma lei ha presentato tutti i documenti?”. Farfuglio di si, è l’unica cosa che riesco a dire perché son talmente tanto ingorgato che non riesco a dire altro.

Ma lei prende subito l’iniziativa e mi dice: “Ha spedito il tutto con una raccomandata, ha la ricevuta?”.

SIIII! Vorrei gridare. Ma riesco solo a fare un cenno affermativo con il capo. Ormai non sono solo nel pallone. Ma si sta facendo strada anche il TERRORE, quello NERO.

“Non si preoccupi, caso mai presenterà la ricevuta della raccomandata, se ci fossero dei problemi burocratici”.

E così dopo un po’ di parlottare con la commissione, mi invitano a salire sul podio.

Io non saprò mai cosa è successo tra quando ho preso in mano la bacchetta e quando ho finito, scosso da un modesto applauso dei presenti.

Era come se dormissi.

Senza però sognare, senza ricordarmi di nulla.

Tanto che non riuscivo a capire perché i componenti della banda appoggiassero gli strumenti ed iniziassero ad affardellare.

L’ho capito dopo.

Semplice.

Avevo appena finito, ed essendo l’ultimo avevano finito anch’essi.

Chissà com’ero andato?

Al che son sceso dal podio e ci hanno detto che ci avrebbero fatto sapere.

Io son andato immediatamente in bagno e ho fatto la pisciata più lunga della mia vita; sembravo il Piccolo Diavolo . Il mio corpo, stufo di adrenalina a litri, aveva deciso di liberarsene un po’. Nel modo più diretto e veloce.

Sono uscito dal bagno e mi son incamminato tristemente verso l’uscita.

Però un qualcosa mi frullava per il capo.

Ed era l’Angelo in Tailleur Grigio.

Ma mano, diminuita l’adrenalina, mi rendevo conto che era successo un classico pasticcio burocratico. Avevo mandato i documenti ma, per una svista burocratica, non erano giunti a destinazione. Per cui non mi aspettavano. Per cui, se non ci fosse stato l’Angelo in Tailleur Grigio, io sarei stato obnubilato, nel senso che la commissione si sarebbe riunita, senza avermi ascoltato e senza darmi la possibilità di partecipare.

In pratica sarei stato scartato senza nemmeno essere ascoltato.

Tutto per un fottutissimo errore burocratico.

Ed invece, Lei, il mio Angelo in Tailleur Grigio, mi aveva salvato.

Un segno del Destino ?

Mentre pensavo a ciò, ero uscito dalla caserma, ero proprio davanti all’entrata, con tanto di carabiniere nella garitta.

Però mi ero fermato.

Era come se fossi radiocomandato e qualcuno avesse schiacciato il “pause”.

Non so quanto ho aspettato.

Perché adesso lo so che stavo aspettando.

Stavo aspettando l’Angelo in Tailleur Grigio.

Non so perché.

O forse si.

Ma so solo che non riuscivo a da andarmene senza averla vista, almeno una volta.

Ma per dirle cosa?

“Grazie?”

Potrebbe pensare che sto cercando di coinvolgerla o, peggio ancora, influenzarla.

Meglio qualche cosa d’altro.

Cosa si dice, a una donna, normalmente?

La si invita a cena, oppure a pranzo, visto che l’ora è opportuna.

Mentre stavo rimuginando tutto ciò, chissà da quanto tempo, mi è comparsa davanti agli occhi, all’improvviso. Lei, l’Angelo in Tailleur Grigio.

E così, mentre lei camminando mi ha riservato un sorriso e mentre stava per proseguire oltre, ho racimolato tutta l’adrenalina che non avevo ancora sperperato, e le ho detto, tutto d’un fiato: "Mi piacerebbe... Mi-piacerebbe-invitarla-a-pranzo".

Fatto. Almeno l’avevo detto. Ce l’avevo fatta a dirlo.

Ma lei si raffreddò subito e respinse il mio invito.

E così scomparve dalla mia vista e dalla mia vita.

Io mi sentii bocciato.

Forse bocciato per la seconda volta. La prima forse era venuta poco fa, anche se ancora non lo sapevo.

Ma bocciato per la seconda volta, forse per una cosa altrettanto importante.

Ovviamente poi mi venne in mente che deve aver preso la mia offerta probabilmente per una recondita richiesta di violare il segreto, in pratica che le chiedessi, in cambio di un pranzo, come era andata o sarebbe andata, oppure, peggio ancora, di farmi “spingere” un po’.

Ovviamente non pensavo niente di tutto ciò.

Volevo solo ringraziare chi mi aveva, palesemente, aiutato ma non a “battere” (e quindi fregare) gli altri, ma a superare le difficoltà burocratiche che da sempre ci troviamo ad affrontare e che ci danno l’idea di non essere delle persone, degli esseri umani, ma solo dei numeri o un fascio di documenti assortiti.

Ed invece non mi ha dato nemmeno l’idea di spiegarle.

Magari non ha nemmeno capito.

Non sa che ho capito che senza di lei io sarei stato escluso sono per un pastrocchio burocratico.

E non ho potuto nemmeno dirglielo.

Per colpa mia, lei ha mal interpretato la mia offerta e ha creduto, giustamente, che volessi praticamente irretirla.

Che peccato!

 

Non credo che mi dimenticherò mai dell’Angelo in Tailleur Grigio.

Nonostante fosse romana, ma tu guarda, mi ha dato però l’idea che volendo, si può sempre “lasciare il mondo un po’ meglio di come lo si è trovato”.

Con un piccolo aiuto.

Superando un poco le “procedure”, diciamo pure fottendosene un poco.

Grazie Angelo in Tailleur Grigio!

E scusami!

Non volevo fare il furbo, l’italiano medio.

Volevo solo ringraziarti.

E tu non lo saprai mai.

 

Ma perché nei film va sempre in altro modo.

E nella vita normale e tutto così grigio?

Come il suo tailleur

  

  

                                                                             Maurizio Ongaro: L'Angelo in Tailleur Grigio

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